domenica 8 novembre 2009

Definizione delle liti fiscali pendenti in Cassazione

Il Governo ed il Parlamento stanno lavorando all'idea di varare una definizione delle liti di natura tributaria pendenti davanti alla Corte Suprema di Cassazione per sfoltire l'enorme carico di processi della Sezione V Civile ad esse dedicata; con ciò si offrirebbe ai Contribuenti la possibilità di concludere un processo che normalmente, quando è soccombente l'Ufficio finanziario, attrraversa tutti i gradi di Giudizio esperibili perché tanto paga sempre "Pantalone" anche quando c'è condanna alle spese (i soldi per pagare infatti mica li tirano fuori i responsabili degli Uffici finanziari, ma lo Stato che poi se li riprende dai Contribuenti!).
Prima osservazione.
Se il Contribuente ha già vinto due gradi di Giudizio, perché dovrebbe pagare proprio Lui un "pizzo" del 5% (o quel che sarà stabilito) per impedire all'Ufficio finanziario di presentare ricorso davanti alla Corte di Cassazione o di proseguire un processo già itrapreso?!? Ma come ragionano questi Politici? Hanno forse frequentato un corso di formazione alla "Cupola"?
Seconda osservazione.
Se davvero si vuole sfoltire il contenzioso tributario, bisognerebbe introdurre il divieto di appello per gli Uffici finanziari; essi infatti svolgono una potestà pubblica ed attraverso l'emissione dei Loro atti di accertamento esercitano una pretesa economica (tributi + sanzioni) provvisoriamente esecutiva (almeno entro un certo limite pari alla metà o ad un terzo a seconda dei casi) nei confrionti del Contribuente che dovrebbe essere valida, legittima e fondata sin dal principio; quando un Giudice la boccia, dovrebbe semmai insorgere la responsabilità per danno erariale del Funzionario che ha lavorato la pratica e prodotto l'accertamento e non tradursi in un ulteriore aggravio di costi di difesa per il Contribuente che deve affrontare il Giudizio d'appello e poi quello di legittimità, sempre per iniziativa dell'Ufficio finanziario soccombente (Quest'ultimo infatti difficilmete abbandona la controversia perché tanto, alla fine, anche in caso di definitiva sconfitta e di eventuale condanna alle spese, i Suoi Operatori rimangono sempre impuniti ed a rimetterci è sempre solo lo Stato e dunque i Contribuenti!)
Terza osservazione.
Per sfoltire il grave sovraccarico processuale la Corte di Cassazione ha già i suoi sistemi perché ha a disposizione l'istituto della inammissibilità dei ricorsi per vizi del "quesito di diritto": l'art. 366-bis c.p.c. infatti, nonostante sia stato recentemente abrogato per gli effetti devastanti che ha prodotto dalla sua entrata in vigore (era il 02.03.2006), continua a mietere le sue vittime; si tratta di una norma di una vaghezza tanto ampia ed assurda che può essere interpretata dai Supremi Giudici nei modi incontrollatamente più disparati, cavillosi ed equivoci e che dunque ben si sta prestando a legittimare censure basate troppo frequentemente su incredibili vizi di formulazione del quesito di diritto adatti a far dichiarare l'inammissibilità del ricorso; in questo modo viene vanificato in un battibaleno e con estrema leggerezza ogni impegno, anche giuridicamente pregevole, profuso dagli Avvocati nell'elaborazione delle proprie difese, gettando un'ombra di incompetenza o inaffidabilità sulle loro rispettossime carriere professionali. A guadagnarci sono soltanto i Supremi Giudici che possono approfittare di questo escamotage per evitare di dover affrontare la sostanza delle questioni Loro sottoposte ed eliminare rapidamente, senza alcun impegno di tempo né di intelletto, un gran bel numero di processi; a perderci sono gli Avvocati che mettono a repentaglio la loro professionalità, dignità e salute psichica e i Cittadini (soprattutto i Contribuenti, visto che i processi tributari davanti alla Coret di Cassazione sono quelli quantitativamente più numerosi) a cui viene sostanzialmente denegata la Giustizia.
Modilaut

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