martedì 22 novembre 2011

Società in perdita triennale penalizzate dal Fisco.

Allo scopo di tentare di arginare fenomeni elusivi realizzati con lo schermo societario e disincentivare l'utilizzo dell'istituto societario per nascondere i patrimoni personali già da vari anni fa il Legislatore fiscale si è inventato un sistema in base al quale, applicando ad alcune voci dell'attivo patrimoniale (titoli di partecipazione e similari, immobili strumentali e altre immobilizzazioni) specifici coefficienti percentuali, arriva a determinare un reddito minimo imponibile da assoggettare comunque ad IRES ed IRAP (art. 30, commi 1-3, della L.724/1994) e a negare la fruizione del credito IVA (art. 30 c. 4 della stessa Legge). Con la manovra di ferragosto il Governo si è occupato ancora delle società di comodo elevando dal 27,50% al 38,00% l'aliquota dell'IRES sul reddito presunto (art. 2 c. 36-quinquies del D.L. 138/2011) ed ampliando la platea dei soggetti interessati con l'inserimento anche delle società in perdita per tre periodi d'imposta consecutivi (art. 2 c. 36-decies dello stesso Decreto). Si tratta ovviamente di tutti interventi diretti a scoraggiare o penalizzare situazioni al limite dell'abusività che però, nella generalizzazione, coinvolgono inevitabilmente anche società realmente operanti in temporanea difficoltà; per esse il sistema prevede un rimedio costituito dalla facoltà di presentare all'Amministrazione finanziaria un "interpello disapplicativo" (art. 30 c. 4-bis della L. 724/1994): si può perciò segnalare la specificità della propria situazione chiedendo di essere di volta in volta esclusa dall'applicazione del regime delle società di comodo. 
Da questo argomento, esposto in estrema sintesi, scaturiscono alcune riflessioni e considerazioni di natura politico-tributaria.
La prima questione (quella che forse risalta di più) riguarda l'inclusione nel regime delle società di comodo delle società in perdita per tre periodi d'imposta consecutivi: è infatti francamente assurdo ed inconcepibile introdurre una penalizzazione così grave proprio in un periodo in cui la crisi economico-finanziaria globale travolge quasi tutti i settori imprenditoriali, determina una recessione difficile da contenere, richiede l'impiego di risorse pre-esistenti, esige uno sforzo incredibile per mantenere in piedi le aziende e tentare di conservare le maestranze qualificate in attesa della ripresa ed espone inevitabilmente all'accumulo di reiterate perdite di esercizio! Il buon senso suggerirebbe di aiutare ed incoraggiare il sistema delle imprese e, se proprio questo non è possibile, almeno di non penalizzarlo ulteriormente e invece ...
La seconda questione riguarda la via di fuga dell'interpello disapplicativo offerta alle società che possono presentare di volta in volta alla Direzione Regionale dell'Agenzia delle Entrate una richiesta motivata e documentata di esclusione dal regime delle società di comodo (cfr. Ag. Entr., Circ. 32/E-2010): è infatti parimenti inconcepibile che la valutazione della fattispecie sia rimessa proprio alla stessa amministrazione che ha un interesse esattamente contrario a quello della società, che deve preoccuparsi di raggiungere il budget annuale assegnato dall'autorità centrale, che si avvale di personale anche dirigenziale assai poco incline ad assumersi la responsabilità di rinunciare al gettito e che è perciò tendenzialmente orientata a trovare il pretesto per non assecondare (salvo in casi eccezionalissimi) le esigenze dei contribuenti! Anche in questo caso il rimedio apprestato dal Legislatore è dunque deludente, scarsamente efficace e inutilmente praticabile.
La terza questione riguarda le presunzioni legali pro-Fisco che ormai hanno stravolto i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico consentendo di ribaltare sui contribuenti il compito di dimostrare il contrario in spregio alla regola generale sull'onere della prova ("chi vuol far valere un diritto ... deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento" - art. 2697 c.c.): questa abitudine del Legislatore di facilitare sempre di più l'azione accertativa dell'Amministrazione finanziaria in danno dei contribuenti dimostra, in primo luogo, l'incapacità del sistema di scovare i veri disonesti fiscali con gli ordinari poteri investigativi e, in secondo luogo, il potenziamento della prepotenza oppressiva dell'istituzione verso i cittadini ormai divenuti sudditi inermi ed apatici. Per quanto riguarda infatti le società, è previsto l'utilizzo dei relativi modelli per consentire l'esercizio in forma collettiva di un'impresa allo scopo di ripartirne gli utili (art. 2247 c.c.), tant'è che per il puro godimento in forma collettiva dei beni si applicano le norme sulla comunione e non quelle sulle società (art. 2248 c.c.): ciò significa che, se viene costituita una società (formalmente) per esercitare una impresa e cioè "... un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi" (art. 2082 c.c.), ma (sostanzialmente) per rimanere nel tempo inattiva senza alcuna ragione oggettivamente impeditiva, si verifica un evidente abuso dello strumento societario, da accertare caso per caso con ogni conseguente effetto anche sul piano tributario; per raggiungere questo risultato l'utilizzo di criteri basati sull'applicazione di particolari coefficienti percentuali alle voci dell'attivo patrimoniale o sul pluriennale realizzo di perdite può servire a selezionare le posizioni da controllare, ma di certo non per inventare di sana pianta presunti redditi d'impresa insussistenti e sottoporli ad una tassazione maggiorata del 10,50% in più (l'aliquota del 38,00%, rispetto a quella ordinaria del 27,50%, è infatti maggiorata del +38,19%!). 
In conclusione, il regime delle società di comodo in generale e l'introduzione della nuova fattispecie delle società in perdita triennale costituiscono uno dei numerosi esempi di mala gestio del potere normativo volta a favorire il Fisco in danno dei contribuenti, colpevolizzando a priori tutti i contribuenti che si trovano in una determinata situazione di teorica anomalia (nella specie, società di comodo), ribaltando l'onere di provare il contrario sui malcapitati, illudendoli di poter sfuggire al regime speciale per le vie brevi con l'interpello disapplicativo discrezionalmente rimesso alla Stessa Amministrazione portatrice di un interesse diametralmente opposto, costringendoli, in caso di diniego, a dover intraprendere immediatamente l'iter contenzioso davanti alla Commissione Tributaria competente (cfr. C. Cass., Sent. 8663/2011) ed esponendoli intanto all'obbligo di pagare ugualmente i gravosi tributi con animo di ripetizione all'esito del Giudizio (magari protrattosi per tre gradi con conseguente sostenimento dei relativi costi di difesa); una penalizzazione nel complesso estremamente gravosa!
Nel delineato contesto, pur essendo giusto l'obiettivo di scovare i profittatori per assoggettarli a tassazione, il metodo continua ad essere sbagliato: si spara nel mucchio per tentare di colpire chi lo merita, ma le vittime non si contano e i danni che ne conseguono finiscono per superare i vantaggi sperati. Serve perciò un cambiamento radicale che restituisca ad ognuno il ruolo, le prerogative e le garanzie che competono in uno Stato di diritto rispettoso della dignità e del valore dei Suoi Cittadini!
Modilaut

mercoledì 16 novembre 2011

Patrimoniale o ICI sulla prima casa? Questo sarà il dilemma!

Infervorarsi sulla possibilità che venga introdotta una "patrimoniale" sui valori (immobiliari, mobiliari, finanziari, ...) posseduti dagli Italiani come se fosse chissà quale novità significa volersi nascondere la realtà; siamo infatti già sottoposti da tempo a tributi di vario genere che, nella sostanza, hanno quella natura: ad esempio, per citare i più noti e diffusi, l'ICI che grava sul possesso dei beni immobili di qualunque genere (per ora fa eccezione solo la prima casa) (art. 1 del D.Lgs. 504/1992), le Imposte di Bollo recentemente aumentate e rimodulate sulle comunicazioni degli intermediari finanziari (banche, poste, ...) riguardanti i depositi di titoli dei risparmiatori (art. 23 c. 7 del D.L. 98/2011), l'IRPEF sui redditi fondiari "virtuali" che si deve assolvere anche se sfitti (dunque improduttivi di qualunque arricchimento) (artt. 25 ss. del D.P.R. 917/1986), la TARSU che si applica anche sulle superfici coperte e scoperte libere oggettivamente improduttive di rifiuti (art. 62 del D.Lgs. 507/1993), .... Si tratta di tanti prelievi di carattere tributario imposti a tutti i Cittadini per il solo fatto che possiedono quel tipo di beni, anche se non conseguono alcun reddito, anche se sono il frutto di anni di sacrifici o di risparmi derivanti dal conseguimento di redditi già tassati, anche se sono stati semplicmente ereditati o ricevuti in donazione ... e nessuno ha mai protestato!
Certo è che ipotizzare oggi un ritorno dell'ICI sulla prima casa è un motivo di preoccupazione in più per i tanti Italiani che vanno avanti con fatica e che magari non riescono ad arrivare a fine mese: in un momento in cui i guadagni si riducono o addirittura vengono a mancare, il costo della vita e del mantenimento di una famiglia aumenta sensibilmente, i risparmi si assottigliano, i finanziamenti sono difficilissimi da ottenere, le prospettive per il futuro (almeno quello più prossimo) non rassicurano, un ulteriore prelievo anche solo di qualche centinaio di euro potrebbe avere effetti piuttosto pesanti; se poi si considera che saranno rivalutate anche le rendite catastali (forse un +25%?) sui cui si calcola la relativa base imponibile, il prelievo è destinato a lievitare in brevissimo tempo.
Per quanto riguarda la patrimoniale a carico dei ricchi invece, siccome dovrebbe riguardare grandi valori, come al solito si pensa che la questione riguardi solo gli altri e pochi eletti, trascurando il fatto che possedere delle ricchezze mobiliari o immobiliari non è affatto sinonimo di evasione tributaria o accumulo illecito; anzi, fino a prova contraria, si dovrebbe ritenere che ognuno possiede il frutto di leciti e legittimi guadagni che hanno già scontato la tassazione cd. redistributiva, assolvendo con ciò al proprio dovere di solidarietà sociale (art. 2 Cost.) e pertanto qualsiasi ulteriore prelievo forzoso è sostanzialmente ingiusto. L'introduzione di una patrimoniale, così come da più parti adombrata, sembra dunque piuttosto assumere i connotati di una tassa basata sull'invidia o, cosa ancor più grave, una tassa basata sulla presunzione di pregressa evasione: chi possiede tanto non può essere che l'ha accumulato virtuosamente, per cui la patrimoniale rappresenta una sorta di parziale restituzione; il ché sarebbe (anzi, è) palesemente iniquo e inaccettabile. Oltretutto, bisogna considerare che, stando alle statistiche, in Italia la ricchezza significativa sarebbe concentrata in una quota di popolazione piuttosto bassa (intorno al 10%); l'introduzione di una patrimoniale potrebbe dunque avvenire solo in due modi: accentuando l'importo del prelievo o abbassando il limite di applicabilità; siccome è impensabile che la tassazione assuma consistenze espropriative (non è detto infatti che chi possiede il patrimonio abbia necessariamente anche la liquidità per fronteggiare l'esborso, né può essere costretto a vendere una parte delle proprie ricchezze per assolvere all'obbligo tributario specie in un periodo in cui le contrattazioni sono ridotte all'osso ed avvengono al ribasso), è inevitabile che la soglia si dovrà abbassare fino a ricomprendervi una larga fetta di popolazione, inclusa quella che oggi esulta per la patrimoniale sui ricchi.
Entrambe le ipotesi sono perciò da scartare con irremovibile fermezza perché sottraggono risorse essenziali ed importanti per lo sviluppo dell'Italia, destinandole al ripianamento (ipotetico) di un debito pubblico esagerato che è destinato a permanere immutato fintantoché non torna a crescere il prodotto interno lordo ed il gettito ad esso collegato: la nostra economia è basata sugli scambi, cresce se aumenta la spesa per gli investimenti e per i consumi, presuppone che la Gente lavori, guadagni ed utilizzi quei danari sia per incrementare i depositi in banca da trasformare in servizi di finanziamento a sostegno dell'intraprendenza, sia per alimentare i consumi interni che producono ricchezza ad ogni passaggio. In questo processo, ogni risorsa in più inghiottita dal buco nero dell'apparato statale esaurisce la sua funzione principale, non produce più ricchezza, deprime l'operosità e la voglia di lavorare e provoca povertà su povertà. 
Identico effetto, in momenti di grave recessione come quello attuale, lo provoca l'ossessionante ingerenza del Fisco nella sfera economico-patrimoniale-finanziaria dei Contribuenti con la fissazione di limiti assurdi all'utilizzo del danaro contante, con il monitoraggio delle varie spese sostenute (polizze assicurative, acquisti immobiliari, ristrutturazioni o manutenzioni straordinarie, utenze energetiche e telefoniche, frequenze scolastiche, viaggi, investimenti in titoli, carte di credito, ...), con l'intrusione nei rapporti bancari e finanziari di qualunque genere, con l'utilizzo a fini accertativi di ricostruzioni di presunti imponibili fiscali basati su pretenziose elaborazioni matematico-statistiche (studi di settore e redditometro), con la sistematica introduzione di presunzioni legali a favore dell'Erario che impongono ai malcapitati la prova contraria (spesso impossibile da offrire).
In conclusione, esiste un solo sistema per favorire lo sviluppo dell'Italia nella difficile situazione attuale: bloccare la pressione fiscale ed accantonare qualunque proposito di ulteriore tassazione, liberare le risorse finanziarie esistenti incentivando l'impiego del danaro in tutte le sue forme ed applicazioni lecite, facilitare e premiare l'intraprendenza e l'operosità della Gente retituendogli il gusto per il proprio lavoro, cessare immediatamente la campagna mediatica ossessionante contro l'evasione tributaria, svolgere le attività di controllo fiscale in modo serio, mirato e rispettoso della situazione e della dignità dei Contribuenti ricercando e ricostruendo materia imponibile vera ed effettiva e non basata su presunzioni legali assurde ed inaccettabili per raggiungere il budget accertativo annualmente assegnato.
Modilaut