giovedì 28 gennaio 2010

Inaugurazione dell'Anno Giudiziario 2010

In vista della inaugurazione dell'Anno Giudiziario 2010, che Sabato 30 gennaio si svolgerà in tutte le sedi delle Corti d'Appello, l'Associazione Nazionale Magistrati ha anticipato che, per protestare contro le misure e l'atteggiamento del Governo italiano, i Magistrati parteciperanno tenendo in mano la Costituzione, usciranno dall'Aula durante l'intervento del rappresentante del Governo e vi rientreranno al termine per leggere un documento unitario di viva protesta per dire "basta", fra l'altro, ad un uso strumentale del diritto.
Anche i rappresentanti degli Ordini degli Avvocati e gli Avvocati presenti dovrebbero partecipare all'evento, coprendosi però il volto con un fazzoletto bianco per protestare non contro il Governo, ma contro la salomonica lentezza della Giustizia e contro l'abuso dell'art. 366-bis c.p.c. (inammissibilità del ricorso in Cassazione per questioni riguardanti la enigmatica formulazione del quesito di diritto) che, pur essendo stato abrogato dal Giugno 2009, continua ad essere utilizzato capziosamente ed irragionevolmente dalla Corte di Cassazione per sfoltire l'arretrato dei processi; sono entrambi due aspetti che stanno facendo ingiustamente "perdere la faccia" agli Avvocati, svilendone il ruolo e la dignità e danneggiando gravemente il decoro di una nobile professione volta ad assicurare l'attuazione del diritto di difesa e del diritto alla Giustizia garantiti proprio da quella stessa Costituzione che i Magistrati in agitazione terranno stretta in mano per sollecitarne il rispetto da parte del Governo!
Ognuno evidentemente ha i suoi punti di vista!
Modilaut

domenica 24 gennaio 2010

Riforma dell'Avvocatura

Venerdì 22.01.2010 la Camera Penale di Macerata ha organizzato una conferenza dal titolo "l'Avvocato del futuro" riguardante il Progetto di Riforma dell'Ordinamento Professionale Forense attualmente in discussione nelle sedi parlamentari. Le eccellenti esposizioni dei due illustri Relatori (l'Avv. Ubaldo Perfetti del Foro di Macerata, nonché Vice-Presidente Vicario del Consiglio Nazionale Forense e Docente Universitario di Diritto Privato, e l'Avv. Beniamino Migliucci del Foro di Bolzano, Componente della Commissione istituita dal Consiglio Nazionale Forense per la riforma dell'Ordinamento Professionale Forense) hanno tracciato un quadro piuttosto significativo ed illuminante degli obiettivi della riforma, del contesto istituzionale in cui è stata avviata, delle difficoltà di pervenire ad una elaborazione condivisa e dei contenuti fnali essenziali su cui dovrà infine pronunciarsi il Legislatore.
Va anzitutto reso merito ai Colleghi che hanno partecipato ai difficili e complessi lavori con passione, dedizione e generosa disponibilità nell'interesse della categoria, impedendo così che se ne occupassero altri soggetti non Avvocati (certamente meno coinvolti, meno consapevoli e meno qualificati) ed evitando così la redazione di un compendio avulso dalla realtà professionale e privo di legami con l'esperienza quotidiana. Vanno anche riconosciute le innumerevli difficoltà e resistenze che Essi hanno incontrato e che hanno dovuto gestire in funzione di un risultato finale comunque necessario.
Tuttavia, senza alcuna pretesa di entrare, per ora, nel merito delle singole scelte ordinamentali, ma rimanendo su profili più propriamente di natura politico/professionale, non si può nascondere che la prima impressione derivante dall'approccio sommario alla riforma è di grande perplessità e di estrema preoccupazione:
1) in primo luogo, sembra andare in controtendenza rispetto ad una diffusa ed indispensabile esigenza attuale di seplificazione, liberalizzazione e deregolamentazione, dando la sensazione di una spiccata ed insidiosa burocratizzazione dell'apparato in cui si moltiplicano le occasioni per trovarsi, anche involontariamente, in situazioni di irregolarità, tanto più mortificanti quanto più avanzata è l'età dell'interessato;
2) in secondo luogo, l'Avvocato si ritrova svilito in un ruolo sottoposto a continue verifiche e valutazioni superiori, nonostante debba affrontare quotidianamente il confronto con i Colleghi, con gli organi investigativi, con i Giudici, con i risultati conseguiti, con i propri Clienti (sempre più informati) e con il mercato dei servizi professionali; l'impostazione della riforma sembra perciò tradire una sostanziale sfiducia preconcetta nelle capacà intellettuali e professionali dell'Avvocato;
3) in terzo luogo, appare enfatizzata l'importanza degli esami o delle prove da superare per poter vantare una specialità o per poter avere accesso alle Giurisdizioni superiori, nonostante la consapevolezza (ritratta dalle eseprienze di vita) che la vera qualità professionale non dipende tanto dalla "formazione" curriculare (punti accumulati o colloqui valutativi sostenuti), quanto piuttosto dalla "preparazione" e dalla "capacità" personali conquistate sul campo in giorni e giorni di faticosa dedizione allo studio ed alla pratica, dai "risultati" conseguiti nel lavoro e dall'"apprezzamento" via via riscosso dai Clienti;
4) in quarto luogo, per quanto riguarda l'accesso alle difese davanti alle Giurisdizioni superiori, si possono introdurre tutti gli ostacoli che si vogliono, ma non è certo il superamento di specifici esami che consentrà all'Avvocato di evitare l'arbitrio giurisprudenziale, ad esempio, nella assoluta discrezionalità consentita al Giudice dal nuovo scellerato art. 360-bis c.p.c. in materia di inammissibilità dei ricorsi davanti alla Corte Suprema di Cassazione (figlio dell'abrogazione del precedente e più scellerato art. 366-bis c.p.c. ancora impunemente utilizzato per sfoltire il contenzioso), denegando Giustizia e mettendo alla berlina eccellenti Professionisti e decenni di lodevole attività professionale forense (a questo proposito non risulta che si sia mai levata alcuna sommossa da parte dell'Avvocatura a tutela della dignità degli Avvocati!); in ogni caso, l'introduzione del paventato esame avrà l'effetto di creare una vera e propria lobbie di Avvocati cassazionisti con varie inevitabili ripercussioni assai discutibili
- sull'esigenza di interpellare le Giurisdizioni superiori (dal numero degli idonei dipenderà infatti la quantità dei potenziali ricorsi o controricorsi e dunque il numero dei soggetti potenzialmente assistibili, a meno che l'Avvocato non metta al lavoro altri professionisti non abilitati, limitandosi a dare istruzioni e ad apporre la prorpia firma sugli atti occorrenti),
- sulla necessità di assecondare la richiesta di Giustizia dei Cittadini (parte dei quali farà certamente fatica a trovare assistenza per i Giudizi di Cassazione ed un'altra parte forse non riuscirà nemmeno nell'intento),
- sul costo della relativa prestazione legale (secondo la legge della domanda e dell'offerta, si verrebbe infatti a determnare una situazione inevitabilmente inflattiva in cui l'Avvocato abilitato avrà buon gioco nel chiedere compensi sempre più elevati e selezionare così i Clienti anche in ragione della loro maggiore propoensione economica);
5) in quinto luogo, pur prendendo atto che le regole previste, ad esempio, per le specializzazioni hanno valenza meramente facoltativa, è ragionevole presumere che si verificheranno le seguenti conseguenze:
- si determineranno situazioni di grave disparità fra coloro che possono agevolmente (per condizini logistiche, economiche, organizzative od altro) partecipare ai relativi corsi e dunque fregiarsi del titolo e confidare su una clientela più selezionata ed appetibile in danno degli altri, indipendentemente da qualunque confronto sul piano professionale (tanto per esemplificare, un dirigente d'azienda che conosce un ottimo Avvocato, adatto a trattare una determinata materia ma privo del relativo titolo di specializzazione, preferirà un'altro Avvocato munito del titolo per evitare di doversi assumere in futuro qualche responsabilità aggiuntiva di fronte al management);
- le vere capacità professionali individuali maturate autonomamente, pur potendo costituire un motivo di orgoglio qualificante per l'Avvocatura, non saranno valorizzate ed anzi risulteranno svilite dalla mancanza del titolo;
- il regime attualmente previsto è stato introdotto come mera "facoltà" per forzare un po' il sistema e rendersi così discretamente accettabile, ma ben potrà in futuro trasformarsi in vero e proprio obbligo per esercitare la professione in un qualunque settore del diritto e perfino costituire uno strumento maldestro per la selezione o lo sfoltimento degli iscritti all'Albo.
L'obiettivo di garantire all'Avvocato "libertà, indipendenza ed autorevolezza" attraverso il mantenimento ed il miglioramento della Sua qualificazione professionale (sottolineato dall'illustre Relatore Avv. Beniamino Migliucci) è certamente da condividere, ma la riforma in itinere, così come concepita, forse riuscirà a perseguirlo più nella forma dell'impianto normatvo che nella sostanza dei fatti; il ché sollecita tutti gli Avvocati ad una profonda riflessione su come si troveranno ad esercitare la professione forense domani, ma soprattutto su come potrebbero (rectius, dovrebbero) reagire adeguatamente oggi per esserci ancora domani!
Modilaut

sabato 2 gennaio 2010

Rendite finanziarie tassate al 5% (?!?)

Dal Sole 24 ore di oggi 02.01.2010 (pag. 4): "... verrà applicata per la prima volta un'aliquota di favore al 5% e non più al 12,50% sugli interessi delle obbligazioni bancarie collocate presso gli investitori privati con l'obiettivo di raccogliere fondi a sostegno degli investimenti etici e delle imprese del Mezzogiorno ...".
Siamo alle solite, dunque: chi ha i soldi e li investe, può approfittare di tassazioni ridottissime (5%) sul reddito di capitale costituito dai relativi interessi attivi; chi invece i soldi se li guadagna col proprio lavoro (autonomo o dipendente), è costretto a subire sul relativo reddito una tassazione esagerata (la pressione fiscale media attuale è stimata intorno al 42,50%; se si aggiunge l'incidenza dei vari tributi indetraibili per legge ed infine i contributi previdenziali ed assistenziali quella percentuale sale ad oltre il 65%).
La nostra Costituzione stabilisce, all'art. 1, che "l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro" e, all'art. 35, che "la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni"; dipendente o autonomo, il Lavoro (e non la speculazione finanziaria) è un elemento essenziale e fondante della nostra Italia e perciò deve essere incoraggiato e valorizzato.
Di conseguenza, se deve essere individuata una categoria di redditi che merita di avere un trattamento fiscale privilegiato, essa non può che essere quella dei redditi di lavoro dipendente o autonomo (da estendere anche a quella parte del reddito d'impresa che, per le particolari caratteristiche organizzative, può essere ricondotto al lavoro del titolare). Il limite massimo di una tassazione accettabile per i redditi di lavoro è individuabile nel 20%; sarebbe un modo certamente efficace per ridare impulso all'intraprendenza delle tante Persone operose di questo Paese e creare occasioni di occupazione anche per i giovani che potrebbero dare libero impulso alla loro creatività proponendosi sul mercato anche con nuove attività ed abbandonando il miraggio del posto fisso.
Modilaut