mercoledì 20 luglio 2011

Il regime dei minimi o il regime dei neofiti?

Una delle poche novità interessanti ed apprezzabili introdotte dall’ultimo Governo di centro-sinistra era il regime agevolato dei Contribuenti cd. “minimi privi di lavoratori dipendenti, con beni strumentali di modesto valore e volume d’affari annuo non superiore ad € 30.000,00 (art. 1, commi 96÷117, della L. 244/2007): il loro reddito veniva infatti assoggettato ad un imposta sostitutiva del 20% che determinava una pressione fiscale accettabile, sia pure ad un prezzo non proprio trascurabile (indetraibilità dell’IVA assolta sugli acquisti). Si trattava perciò di una misura giusta, perfettamente coerente anche con il primo principio fondamentale della nostra Costituzione in base al quale “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (art. 1); è una proclamazione impegnativa, che impone un atteggiamento dello Stato particolarmente benevolo verso chi lavora, compresa la costruzione di un sistema fiscale misurato, equilibrato, non oppressivo né ossessivo, adatto a proteggere ed incentivare l’intraprendenza e l’operosità dei Cittadini.
Per questa ragione quel regime agevolato avrebbe dovuto essere addirittura esteso anche ad altri Contribuenti con volumi d’affari ben superiori (magari fino a € 250.000,00 l’anno), con dipendenti e con beni strumentali di valore più consistente; si trattava infatti di un sistema che scoraggiava l’evasione, rispettava il lavoro dei cd. “autonomi (in senso lato, compresi i piccoli imprenditori, i commercianti, gli artigiani ed i professionisti) ed oltretutto serviva anche a sfoltire in modo significativo la platea dei Contribuenti interessanti da verificare, liberando risorse umane per intensificare altri ben più interessanti controlli.
La manovra estiva l’ha spazzata via in un battibaleno ed al suo posto ha introdotto un regime certamente molto più agevolato (l’imposta sostitutiva è del 5%), ma anche molto più complicato e limitato in quanto sottoposto a termine (massimo cinque anni), soggettivamente delimitato (si applica solo ai contribuenti con età anagrafica fino a 35 anni) e subordinato alle ulteriori condizioni che deve trattarsi di una nuova attività avviata non prima dell’anno 2007, che non deve essere stata comunque esercitata un’altra attività nei tre anni precedenti, che non deve costituire prosecuzione di un’attività già svolta come dipendente o autonomo, … (art. 27, commi 1÷6 del D.L. 98/2011).
La  stragrande maggioranza di quei Contribuenti che vivono del proprio lavoro e che svolgono un’attività di tipo marginale tornerà dunque alla ben più penalizzante tassazione di tipo ordinario ed alla applicazione degli studi di settore con tutte le conseguenze e gli inasprimenti anche sanzionatori introdotti con la manovra (art. 23 c. 28 del D.L. 98/2011).
A questo punto non si può non rilevare una situazione quantomeno singolare. Qualche mese fa è stata introdotta la cd. “cedolare secca” sulle locazioni ad nuso abitativo (si tratta di una imposta sostitutiva del 19% o del 21% – art. 3 del D.Lgs. 23/2011); con la annunciata riforma tributaria la tassazione delle rendite finanziarie sarà uniformata al 20,00% livellando per eccesso e per difetto le due diverse aliquote attuali (12,50% e 27,00%) che comunque sono di per sé già contenute rispetto alla pressione fiscale media ordinaria (superiore al 40,00%). Ciò significa che chi possiede proprietà immobiliari da concedere in locazione ad uso abitativo viene sottoposto ad una tassazione media del 20%, chi dispone di risparmi finanziari viene sottoposto ad una tassazione compresa tra il 12,50% ed il 27,00% (con la annunciata riforma fiscale si stabilirà al 20,00%), mentre chi vivrà del proprio lavoro (dipendente o autonomo) continuerà a subire una ben più elevata falcidia fiscale (oltre il 40,00%) e sarà sottoposto alla consueta oppressione ed ossessione tributaria.
Non sarà il caso di riscrivere l’art. 1 della Costituzione con buona pace di tutti “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sulle rendite immobiliari e finanziarie”? Sic!
Modilaut

martedì 19 luglio 2011

Giù le mani dalla presunzione legale "prelevamenti = ricavi/compensi"


Una delle norme più interessanti ed attese che ha fatto capolino nelle ultime bozze della Manovra finanziaria estiva 2011 era l’abolizione della presunzione legale “prelevamento = ricavo/compenso” nell’ambito delle indagini finanziarie:  … sono … posti come ricavi o compensi a base delle  … rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario …, i prelevamenti …” risultanti dai conti bancari, postali e finanziari in genere (art. 32 c. 1 n. 2 del D.P.R. 600/1973). In sostanza, anche se la provenienza di tutti i versamenti effettuati nei propri conti personali e di tutte le risorse finanziarie disponibili dovesse essere ineccepibile, tutti i prelevamenti comunque effettuati (per contanti o con assegno) vengono considerati dal Fisco come compensi o ricavi “in nero” a meno che il malcapitato Contribuente non indichi (e, nella prassi, non dimostri documentalmente) a chi ha dato quei soldi!
A raccontarlo, nessuno ci crede … tanto è assurdo ed inconcepibile; eppure questa è una norma che consente recuperi incredibili di materia imponibile completamente inventata! Non solo: perfino la Corte Costituzionale l’ha considerata legittima con una pronuncia che, come minimo, fa accapponare la pelle: <<… una presunzione siffatta non appare … lesiva del canone di ragionevolezza … non essendo manifestamente arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari … siano stati destinati all’esercizio dell’attività … e siano quindi … considerati in termini di reddito imponibile …>> (Sent. 225/2005). Sic! 
In un ambito come quello della prova presuntiva, dove bisogna affidarsi al criterio della elevata probabilità che dato un fatto certo (prelevamento dal conto) possa verosimilmente desumersi un elemento sconosciuto (ricavo o compenso in nero) secondo il canone dell'id quod plerumque accidit i Giudici della Corte Costituzionale si sono espressi in termini di “non manifesta arbitrarietà dell’ipotesi”!?! Se questo potesse davvero essere il criterio valutativo utilizzabile in materia, allora non sarebbe neppure manifestamente arbitrario ipotizzare che Quegli Stessi Giudici, prima di riunirsi, avevano ecceduto in qualche brindisi!!!
Comunque, nella bozza del Decreto relativo alla Manovra estiva diffusa nei primissimi giorni di Luglio era stato stabilito che <<all’art. 32 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nel primo comma, n. 2), le parole “i prelevamenti o” sono eliminate>> (art. 16). Evviva! Un gravissimo sopruso normativo era stato finalmente spazzato via! Manco per niente: l'abrogazione è durata solo lo spazio di qualche giorno, perché già nella stesura definitiva sottoposta al vaglio del Capo dello Stato prima del varo era già sparita (ne era stata però introdotta un’altra che serviva per risolvere un grosso problema in una importante causa civile, anch’essa stralciata subito dopo per decenza). 
Evidentemente qualcuno ha fatto due conti ed ha stimato che l’abrogazione della presunzione “prelevamento non giustificato = ricavo/compenso” avrebbe comportato una perdita di gettito da accertamento bancario troppo elevata e perciò l’ha fatta rimuovere. Così gli Uffici finanziari potranno continuare ad approfittare di questa  gallina dalle uova d’oro” che consente Loro di inventare maggiori redditi fittizi in capo ai Contribuenti, abusando lecitamente della presunzione legale apprestata da un Legislatore eufemisticamente esuberante.
La beffa non è finita qui, perché è stata anche ampliata la platea dei soggetti che dovranno fornire il dettaglio delle operazioni finanziarie compiute dai Contribuenti da assoggettare poi alla presunzione legale “prelevamento non giustificato = ricavo/compenso” (oltre a quella “versamento/pagamento non giustificato = ricavo/compenso”): agli originari soggetti banche, poste,  intermediari finanziari e fiduciarie sono stati infatti aggiunti anche le “società ed enti di assicurazione per le attività finanziarie (art. 23 , commi 24÷26 del D.L. 98/2011) cosicché anche i pagamenti dei vari premi relativi alle polizze di investimento (se non saranno adeguatamente giustificate le risorse utilizzate) e le riscossioni delle somme maturate alla scadenza (se non sarà giustificato l’impiego) diventeranno facili pretesti per presumere ingiustamente ricavi o compensi "in nero"
L’inquisizione fiscale continua in barba ai diritti fondamentali dei Cittadini, sempre più sudditi!
Modilaut

lunedì 18 luglio 2011

La nuova tassa sul processo tributario: un inaccettabile balzello.

La manovra finanziaria estiva 2011 (D.L. 98/2011) ha introdotto il Contributo Unificato per le Spese di Giustizia anche nel processo tributario  (art. 36 c. 7 lett. t): il Contribuente che vorrà impugnare davanti alla Commissione Tributaria Provinciale una pretesa tributaria ritenuta ingiusta oppure che vorrà appellare davanti alla Commissione Tributaria Regionale una Sentenza sfavorevole dovrà pagare una vera e propria tassa d’ingresso iniqua, determinata per fasce di valore della controversia, in sostituzione delle previgenti più gestibili marche da bollo.
Innanzitutto è assurdo lo scopo perseguito dal Governo e cioè scoraggiare il Contribuente dall’intraprendere il contenzioso tributario. La “Giustizia” infatti è un diritto inviolabile del Cittadino e lo Stato deve garantirla a qualunque costo, senza “prezzolarne” l’esercizio e senza scoraggiarne l’accesso, specialmente quando si tratta di resistere ad una pretesa ingiusta che proviene da una Pubblica Amministrazione e ancor più quando proviene da quella fiscale; in questi casi infatti non si può scegliere (come nel caso dell’azione civile) se andare in Giudizio o meno perché, per evitare che la pretesa diventi irrimediabilmente definitiva ed inoppugnabile, "si deve" proporre ricorso al Giudice. Di conseguenza, quando il Contribuente si vede costretto a difendersi davanti alla Commissione Tributaria contro l’Amministrazione finanziaria, oltre a sostenere il costo del Professionista che lo assiste e a versare immediatamente un terzo dei maggiori tributi (art. 15 del D.P.R. 602/1973 siccome appena modificato dall’art. 7 c. 2-quinquies del D.L. 70/2011) con gli accertamenti immediatamente esecutivi (art. 29 c. 1 del D.L. 78/2010), dovrà anche (prima di cominciare) pagare una tassa di accesso al processo, tanto più elevata quanto più alto è il valore della controversia.
Altro che scoraggiare la litigiosità fiscale dei Contribuenti! In questo modo il contenzioso tributario diventa un “lusso, una prerogativa riservata ai soli Contribuenti più ricchi e negata, di fatto, agli Altri!!! Il ché è a dir poco sconcertante. A parità di condizioni infatti, il nuovo balzello anticipato finirà per gravare in maniera maggiormente incisiva e pesante sui Contribuenti economicamente più deboli; l’esercizio del diritto di difesa necessario per resistere alle pretese del Fisco sarà così assai più difficoltoso per alcuni Contribuenti rispetto ad altri e si genereranno perciò inevitabili e pericolose situazioni discriminatorie. Il processo tributario era molto più sostenibile con l’Imposta di Bollo (€ 14,62 per ogni quattro facciate scritte o comunque per ogni cento righe scritte – artt. 5 e 9 del D.P.R. 642/1993, nonché art. 20 c, 1-bis  della Tariffa  Parte I ivi allegata) che mediamente si manteneva entro un limite massimo di una decina di marche con un costo non superiore ad € 146,20; con la novella normativa invece, solo le controversie di valore fino a € 25.000,00 scontano un contributo unificato inferiore a quella soglia, per ché  a partire da quelle di valore superiore ad € 25.000,00 la misura sale ad € 250,00 fino ad arrivare addirittura ad € 1.500,00 per quelle di valore oltre € 200.000,00). 
Nulla quaestio se la litigiosità giudiziale dipendesse da una iniziativa unilaterale del Contribuente; in materia tributaria si tratta però di una scelta obbligata per resistere giudizialmente ad una pretesa immediatamente esecutiva proveniente dall’Amministrazione finanziaria che è il vero “attore” processuale in senso sostanziale e che è libera di determinarne il quantum! Il ché è ancor più grave ed aberrante se si considera che i Suoi Uffici periferici, titolari del potere di accertamento nei confronti del Contribuenti, hanno un budget  annuale da rispettare, debbono raggiungere un determinato quantitativo di recuperi impositivi e spartiscono al Loro interno specifici incentivi calcolati sulle somme riscosse. Tradotto in soldoni, significa che gli Uffici finanziari, i quali avevano già tutto l’interesse a far lievitare quanto più possibile le pretese verso i Contribuenti abusando spessissimo delle più varie ed assurde presunzioni legali, adesso hanno un motivo in più per aumentare le loro pretese: esporre i Contribuenti che vogliono resistere in Giudizio a pagare il Contributo Unificato per le spese di Giustizia che andrà ad incrementare a titolo definitivo ed anticipato le casse dello Stato! Tanto per voler esemplificare attingendo all’esperienza di un precedente già verificatosi, l’introduzione del contributo aggiuntivo di € 168,00 per l’iscrizione a ruolo dei ricorsi davanti alla Corte d Cassazione (art. 67 c. 3 lett. a) della L. 69/2009), considerata la mole degli atti che annualmente Le pervengono, ha comportato per lo Stato un incasso approssimativo di € 5.000.000,00 l’anno!!!
Come è facile immaginare dunque, la materia tributaria sarà un terreno fertile per far germinare tante belle tasse di ingesso al processo tributario che potranno confidare sulla elevata propensione degli Uffici finanziari a far lievitare le loro pretese affidandosi alle numerose presunzioni legali o alle varie opportunità pseudo-induttive offerte dalla normativa fiscale e predisposte ad hoc da un Legislatore eufemisticamente scellerato.
Modilaut

mercoledì 13 luglio 2011

Mediazione obbligatoria anche per le controversie fiscali.

La recente manovra finanziaria "estiva" (D.L. 98/2011) ha introdotto anche in materia fiscale l'istituto della mediazione obbligatoria (art. 39, commi 9-11) che deve precedere l’attivazione del Giudizio davanti alla Commissione Tributaria e che si deve svolgere davanti allo Stesso Ufficio finanziario che ha esercitato la pretesa tributaria nei confronti del Contribuente: sarà una ennesima inutile complicazione procedimentale, probabilmente illegittima (in passato infatti il ricorso gerarchico obbligatorio previsto per alcuni tributi minori è stato dichiarato incostituzionale; cfr. C. Cost., Sent. n. 56/1995 in materia di Tasse sulle Concessioni Governative; C. Cost., Sent. n. 406/1993 in materia di Imposta di Bollo), che si tradurrà in una ulteriore avvilente farsa recitata nell’ambito di un improbabile contraddittorio davanti ad un altro Operatore dello Stesso Ufficio, obiettivamente privo di un ruolo di effettiva terzietà e di una reale predisposizione a riesaminare in modo imparziale e super partes la posizione del malcapitato Contribuente
Questo nuovo istituto servirà perciò soltanto per legittimare la pretesa di un “pizzo” più o meno salato da parte dell'Amministrazione finanziaria Stato giustificato dall'interesse ad evitare il contenzioso tributario; soprattutto per i Contribuenti infatti sta diventando estremamente oneroso rivolgersi al Giudice tributario sia per le rilevanti modifiche nella composizione dei Collegi che ne deprimono la competenza specifica nella materia (cfr. art. 39, commi 1-7), sia per l'introduzuione di una costosa "tassa d’ingresso" antipata costituita dal nuovocontributo unificato per le spese di giustizia sostitutivo dell'Imposta di Bollo e commisurato al valore della controversia (cfr. art. 37 c. 6 lett. t) sempre piuttosto elevato in questo settore per esigenze di budget e per gli incentivi collegati, sia infne per l'immediata esecutività degli accertamenti fiscali che dal 1° ottobre 2011 esporranno i Contribuenti al pagamento immediato di 1/3 dei maggiori tributi pretesi (art. 29 c. 1 del DL 78/2010).
Oltretutto non si capisce neppure come si combinerà questa mediazione obbligatoria con il tentativo preliminare di definizione mediante adesione (D.Lgs. 218/1997, Titolo I, Capi I-III), magari finito male per inaccoglibilità delle reciproche proposte: saranno due strumenti deflattivi del contenzioso alternativi o concorrenti? In questo secondo caso, che senso ha riproporre ad un altro Operatore dello Stesso Ufficio finanziario le stesse argomentazioni già respinte o accolte soltanto in parte? Chi si assumerà la briga di screditare la valutazione dell’altro operatore che ha già esaminato la posizione del Contribuente? E nel frattempo, che fine fanno i maggiori tributi accertati con un atto che sarà immediatamente esecutivo e che non tollererà ritardi nel pagamento di 1/3?
Non è una critica preconcetta ad un istituto in sé e per sé neutro o, forse, in anche utile (sempreché non si sovrapponga a quello della definizione mediante adesione), ma soprattutto una ferma censura alla mancanza di terzietà dell’organo davanti al quale si svolgerà confronto; … e l’esperienza di tanti contraddittori svolti per tentare di risolvere le controversie con gli Uffici finanziari in sede di adesione pre-giudiziale o di conciliazione giudiziale inducono a dubitare fortemente sulla utilità e affidabilità di una mediazione così concepita.
Per concludere va inoltre sottolineato che le tanto auspicate e dichiarate semplificazioni ("per ridurre il peso della burocrazia che grava ... più in generale sui contribuenti, alla disciplin a vigente sono apoportate modificazioni così articolate ..." - cfr. art. 7 c. 1 del D.L. 70/2011, appena convertito in Legge) si dissolvono inesorabilmente di fronte ad inutili e cervellotici appesantimenti procedimentali come quelli appena varati con la manovra estiva che, così come regolati, serviranno soltanto a "sfinire" ancora di più i Contribuenti e ad indurli subdolamente a lasciare un altro po’ di soldi nelle mani del Fisco.
Ma lo Stato ha bisogno di danaro, ... tanto danaro, e le tasche dei Contribuenti sono lì, aperte, pronte ad essere svuotate nell'indifferenza generale e perciò ...?!?
Modilaut

venerdì 8 luglio 2011

Manovra estiva 2011: epurazione nelle Commissioni Tributarie

        La recentissima manovra del Governo  (D.L. 98/2011, cd. “finanziaria estiva”) ha introdotto l’incompatibilità a far parte dei collegi giudicanti delle Commissioni Tributarie per tutti gli iscritti agli Albi professionali e per i loro coniugi, conviventi, parenti fino al terzo grado o affini in primo grado con perdite gravissime sotto il profilo sia intellettuale, sia di esperienza maturata , nell’ambito di una materia come quella tributaria che è estremamente complessa e che richiede una preparazione non solo giuridica, ma anche tecnica, contabile, economica ed aziendalistica come quella propria di alcune Professioni economico-giuridiche (cfr. art. 39). 
Il modello ideale dovrebbe essere costituito da un Magistrato (garante dell’applicazione imparziale della Legge), da un Avvocato (garante delle prerogative della difesa) e da un Commercialista (garante della corretta applicazione delle discipline contabili, economiche, di bilancio, aziendalistiche e di gestione delle varie modulistiche). Per effetto della manovra sarà sostituito da un “ibrido” formato prevalentemente da Magistrati (sostanzialmente Impiegati di elevato livello, normalmente digiuni da esperienze diretta nelle materie interessate dall’obbligazione tributaria, contribuenti a reddito fisso e oltretutto pagati dallo Stato del quale l’Agenzia delle Entrate costituisce la longa manus che procura le risorse finanziarie necessarie), magari affiancati da Pensionati o da Dipendenti dello Stato o da ex Militari della Guardia di Finanza o da Insegnanti di materie economiche o giuridiche; difficilmente un collegio così formato potrà avere la giusta sensibilità e (con tutto il rispetto) la competenza adeguata per affrontare le complessità della materia tributaria e garantire una vera Giustizia tributaria ... a meno che lo Stato non si preoccupi di apprestare una idonea e senz'altro dispendiosa attività di formazione specifica che comunque resterebbe sempre sul piano teorico. E’ peraltro quantomai curioso che, se quei Signori (Magistrati, Pensionati, Dipendenti dello Stato, Insegnanti, …) dovessero avere un prossimo congiunto iscritto ad un Albo, la Loro affidabilità resterebbe comunque integra!!!
La manovra rivela dunque una vera e propria dichiarazione di sfiducia preconcetta verso tanti Professionisti di provata capacità, affidabilità, serietà ed imparzialità che per lustri hanno, pressoché gratuitamente, assolto al compito di gestire la Giustizia tributaria con pronunce spesso pregevoli nei contenuti anche giuridici (basta consultare una qualunque rivista specializzata o raccolta di giurisprudenza di merito per sincerarsene); di conseguenza, l’ampliamento indiscriminato e generalizzato delle incompatibilità è del tutto ingiustificato e persino oltraggioso per i tanti Componenti effettivi delle attuali Commissioni Tributarie e per gli appartenenti agli Albi che, dopo aver onorevolmente e gratuitamente servito la Giustizia tributaria, sono diventai inaffidabili per presunzione di legge assoluta. Davvero un bel ringraziamento!!! Chissà se anche i nuovi componenti (Magistrati, Pensionati, Dipendenti dello Stato, Inasegnanti, …) continueranno a far parte delle Commissioni Tributarie quasi gratis?!?
Oltretutto non si capisce come la nuova norma sulle incompatibilità possa convivere con quelle disseminate nell’ordinamento processuale che consentono a quegli stessi iscritti agli Albi e/o ai loro familiari l’assunzione di funzioni giudiziarie importantissime quali quelle dei Giudici di Pace, dei Giudici Onorari, dei Vice Procuratori Onorari e perfino i Giudici Popolari: la loro affidabilità è riconosciuta in tutti i campi dell’ordinamento giuridico, eccettuato solo quello tributario?!? Chissà per quale motivo?
Se davvero fosse lecita la presunzione legale assoluta che in materia tributaria esiste un latente conflitto di interessi che tenderebbe a favorire la posizione del Contribuente, allora deve essere altrettanto lecito presumere che lo stesso conflitto di interessi sussiste quantomeno per i Magistrati e i dipendenti dello Stato nei confronti dell’Amministrazione finanziaria che procura le risorse necessarie per pagare i loro emolumenti!
E allora l'epurazione avviata non dovrebbe finire qui.
Modilaut