lunedì 31 maggio 2010

2 Giugno: Festa della Repubblica. C'è ancora da festeggiare?

Il 2 Giugno si celebra la Festa della Repubblica italiana, sorta a seguito dei risultati del referendum del 1946 che stabilirono la fine della Monarchia: in tanti (in troppi) diedero la vita per riconquistare la libertà dopo gli anni bui della dittatura. La nostra Costiutuzione, ispirata dalle macerie della guerra e dalle incredibili sofferenze patite, è un bell'esempio di come i Padri Costituenti avevano a cuore i diritti fondamentali dei Cittadini: usciti da una situazione in cui la paura di essere controllati, schedati, additati, accusati, criminalizzati e sottomessi, era molto sentita la preoccupazione di dare un ampio respiro alle libertà civli, economiche, religiose, sociali, ... nel rispetto delle regole della convivenza.
Del Fascismo era rimasto solo il senso di paura e di oppressione del passato regime e della dittatura che lo aveva caratterizzato e che ne aveva esaltato solo gli aspetti più negativi. Perciò le parole d'ordine della nuva Repubblica erano "Libertà" e "Antifascismo" inteso come antiregime totalitario: basta vedere i filmati dell'epoca o ascoltare i racconti dei nostri nonni per percepire con estrema chiarezza la gioia e l'entusiasmo dei Cittadini che, anche se poveri ed umili, erano animati da tanta voglia di fare e di sprigionare la propria operosità ed intraprendenza.
Sono passati quasi 65 anni, la nostra società si è evoluta molto, il benessere ha viziato le nuove generazioni, il pericolo della dittatura è stato completamene rimosso ed i sacrifici, i patimenti e le angosce di quel tempo sono stati dimenticati. Ci illudiamo di essere Cittadini liberi e protetti dalle istituzioni e non ci accorgiamo più neanche di essere tutti incredibilmente, pressantemente, ossessivamente schedati e controllati in ogni nostro movimento, gesto, conversazione, scritto, ... in nome di una interesse collettivo che ci sta facendo diventare completamente trasparenti in barba alla riservatezza ed alla libertà di essere ciò che si viole come si vuole: sono innumerevoli le banche dati che accumulano informazioni riguardanti ogni nostro profilo personale economico, patrimoniale, associativo, lavorativo, ricreativo del vivere quotidiano, i sistemi di tracciamento che seguono e registrano i nostri movimenti, le intercettazioni ambientali, telefoniche, televisive, telematiche, ...
Il nostro codice fiscale sta diventando il numero di matricola tatuato sul braccio dei deportati nei lagher nazisti: in qualunque momento ci identifica, ci rende vulnerabili e ci assoggetta alle prepotenze di Stato giustificate dalla lotta all'economia sommersa, attuate con una inaudita arroganza, basate su presunzioni legali di evasione palesemente in contrasto col principio della capacità contributiva e con l'onere della prova che dovrebbe gravare sull'Amministrazione finanziaria e legittimate perfino da una Magistratura troppo spesso appiattita sulle esigenze di cassa dell'apparato (che è poi quello che paga i lauti stipendi dei Giudici).
Una Repubblica degenerata a "regime repubblicano", guidata da rappresentanti politici selezionati dall'apparato di cui debbono far parte, in cui i Cttadini si illudono di esercitare i propri diritti fondamentali mentre invece sono sempre più esposti ad un esproprio della propria libertà e dignità, è ancora da festeggiare?
Modilaut

martedì 18 maggio 2010

Come ridurre i costi della Politica

Riducendo del solo 5% le indennità di Deputati e Senatori si otterrebbe un risparmio di € 12.000.000,00 (da "Il Sole 24 Ore" di ggi 18.05.2010, pag. 7). Non è male, ma si potrebbe fare di più e meglio.
Deputati e Senatori dovrebbero avere assicurati i seguenti trattamenti:
  • vitto (servizio mensa interno a Camera o Senato per gli impegni durante le sedute e specifici ticket-restaurant con importo prefissato per gli impegni esterni),
  • alloggio (due grandi alberghi dello Stato specificamente destinati ad ospitarli nei giorni di presenza a Roma ed appositi ticket-hotel con importo prefissato per le trasferte),
  • trasporto gratuito su tutti i mezzi su gomma, su rotaia, per mare e per cielo e disponibilità di auto-blu per gli impegni istituzionali documentati da specifici rapportni di servizio,
  • una segreteria ciascuno con un minimo di personale idoneamente formato dallo Stato per rendere quel tipo di servizio,
  • uso gratuito di una linea telefonica fissa e di un cellulare,
  • retribuzione mensile pari a quella di un impiegato di buon livello (intorno ad € 2.500,00).
Si dovrebbe poi prevedere un incentivo annuale significativo, adeguato al ruolo ed alla funzione istituzionale che rispettivamente Essi ricoprono, commisurato al gradimento espresso nella dichiarazione annuale dei redditi: i Contribuenti in sostanza, separatamente per la maggioranza e per l'opposizione, dovrebbero barrare delle caselline (totalmente insoddisfatto, poco soddisfatto, soddisfatto, molto soddisfatto, entusiasta) la cui valutazione, rapportata sia al numero dei giudizi espressi che al reddito dichiarato, (ad esempio, un voto per ogni quota-reddito intera di € 1.000,00), esprimerà alla fine il grado di apprezzamento da cui dipendenrà l'ammontare dell'incentivo da riconoscere per l'anno trascorso.
In questo modo si otterrebbero una serie di indiscutbili vantaggi:
  • risparmi notevoli sulla gestione dei costi della politica,
  • restituzione della politica al mero spirito di servizio,
  • propensione del Politico di maggioranza e di opposizione a "guadagnarsi" l'incentivo sulla base della valutazione espressa dagli elettori,
  • propensione dei Contribuenti a dichiarare maggiori redditi annui dei redditi per dare più peso alla loro valutazione,
  • miglioramento dei risultati dell'azione politica sia della maggioranza che dell'opposizione.
Visto che ormai per troppi Deputati e Senatori la Politca è diventata una vera e propria Professione, sarebbe ora che se ne assumessero anche i relativi rischi , come gli altri Lavoratori Autonomi che guadagnano solo se si fanno apprezzare dai loro Clienti; altrimenti debbono cambiare mestiere!
Modilaut

domenica 16 maggio 2010

Nuovo "redditometro".

Gli esperti del Ministero delle Finanze stanno lavorando al nuovo redditometro che, basandosi su talune spese significative effettivamente sostenute in ambito familiare, sembrerebbe impostato su criteri più adatti a misurare la reale capacità contributiva dei Contribuenti, anche se bisognerà capire come avverrà in concreto la valorizzazione del reddito presunto o dell'eventuale intervallo di compatibilità.
Suscita invece non poche perplessità l'enfatizzazione del contraddittorio preventivo che dovrebbe essere obbligatorio, perché lascia intendere che chi lo ha previsto non abbia la più pallida idea di come avviene in pratica: gli operatori del settore (Commercialisti e Avvocati tributaristi) sanno bene infatti che questo istituto, già ampiamente utilizzato per gli studi di settore e nelle indagini finanziarie, da' luogo troppo spesso a vere e proprie "farse" in cui l'impegno fiduciosamente profuso dai Contribuenti per tentare di dimostrare la loro lealtà fiscale viene tradito da una sconcertante ottusità dell'incaricato della pratica basata su pretsti formali o probatori che potrebbero essere agevolmente superati con un minimo di elasticità valutativa.
La verità è che il contraddittorio resterà solo una estenuante ed esasperante illusione per i Contribuenti fino a che esisteranno un budget annuale assegnato all'Ufficio finanziario per gli accertamenti, gli incentivi interni sulle pratiche definite e riscosse, la riduzione delle sanzioni legata solo alla definizione bonaria delle vertenze e il terrore dei dipendenti degli Uffici finanziari di assumere responsabilità dirette per danno erariale se riducono i maggiori redditi accertati o se dispongono archiviazioni senza esiti.
Il contrasto all'evasione tributaria ha bisogno certamente di strumenti investigativi adeguati, ma anche l'atteggiamento degli Uffici finanziari deve essere cambiato per evitare che il rapporto Fisco-Contribuenti si esasperi, venga percepito come una ingiusta persecuzione e produca l'effetto esattamente contrario di incentivare l'infedeltà fiscale per pura ritorsione!
Modilaut

domenica 2 maggio 2010

Arbitrato del Lavoro? Si, ma anche Abitrarto Fiscale!

Da un po' di tempo è in atto un vivace dibattito sulla questione dell'Arbitrato in materia di lavoro che, nonostante appaia un utile rimedio per velocizzare le controversie tra Datore di lavoro e Lavoratore, suscita ancora perplessità e diffidenze che debbono essere superate: la posizione di una parte dei Sindacati (Cgl) pone l'accento soprattuto sulla sul fatto che << ... non si può mettere sullo stesso piano chi lavora e chi assume: mettere sullo stesso piano chi non è uguale è il fondamento degli attacchi alla condizione di chi lavora ...>>; altri Sindacati (Cisl, Uil e Ugl) si sono invece dichiarati favorevoli ad una opportunità in più offerta ai Lavoratori che possono optare volontariamente per l'attivazione del nuovo istituto. Il varo delle nuove regole è comunque ormai imminente.
Il confronto sul tema appare tuttavia utile anche per segnalare un'altra grande opportunità su cui dovrebbero lavorare i nostri Politici: l'Arbitrato Fiscale, sostitutivo dell'Accertamento con Adesione (D.Lgs. 218/1997).
E' mai possibile che il Contribuente debba vedersi costretto ad esperire il tentativo di definire la Sua posizione tributaria davanti allo stesso Ufficio finanziario che ha emesso (o che deve emettere) la pretesa tributaria, che deve raggiungere un budget annuale di materia imponibile recuperata a tassazione e che beneficia di incentivi commisurati alle maggiori imposte portate a casa? Quando si ha a che fare con la materia fiscale, il "buon andamento" e la "imparzialità" dell'azione della Pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.),non esistono: conta solo la preunzione di evasione in capo al Contribuente e l'atteggiamento severo ed intransigente degli Operatori dell'Ufficio finanziaro, troppo spesso arroccati su posizioni pretestuosamente indisponibili, ingiustamente partigiane e prevalentemente deresponsabilizzanti.
Il Contribuente partecipa al contraddittorio in condizioni di assoluto e rilevante svantaggio, spesso perfino di soggezione, anche quando è assistito dal Suo Consulente, con l'unico obiettivo di tentare di ottenere una riduzione del carico tributario per usufruire della riduzione ad 1/4 del minimo delle corrispondenti sanzioni e di evitare il contenzioso tributario; in questo caso infatti dovrebbe sostenere le spese per farsi difendere, subire la riscossione provvisoria pari alla metà dei maggiori tributi accertati maggiorati degli interessi, assoggettarsi alle sanzioni in misura piena sull'eventuale riduzione delle maggiori imposte disposta dal Giudice, accollarsi i rischi ed i costi dei vari gradi di Giudizio (l'Ufficio finanziario non abbandona quasi mai la lite, perché finché sta davanti al Giudice può sperare in qualche possibilità anche remota; e poi, chi si assume la responsabilità di non impugnare una Sentenza anche solo parzialmente sfavorevole?); ... perciò preferisce assecondare obtorto collo la proposta dell'Ufficio finanziario (anche se ragionevolmente onerosa, parzialmente pretestuosa e perfno non soddisfacente), piuttosto che difendere i propri diritti in sede giudiziale.
E' un sistema assurdo ed inconcepible che solo Chi lo subisce può capire; esso meriterebbe perciò una revisione radicale, seria e rispettosa della terzietà del soggetto decidente.
Per questa ragione è auspicabile che si cominci a pensare ad un Arbitrato Fiscale in cui le ragioni del Contribuente possano venire valutate ed apprezzate da un Soggetto Terzo (se del caso collegiale) che sia estraneo all'Amministrazione finanziaria, che non abbia interessi diretti o indiretti sul quantum della pretesa tributaria, che offra suffcienti garanzie di vera imparzialità, autonomia ed estraneità e che possa realmente decongestionare la Giustizia tributaria godendo di un condiviso ruolo super partes.
I tributi servono allo Stato er perseguire finalità d'interesse per tutti i Cittadini, ma Ognuno di Essi deve pagare il giusto e non subire prepotenze legali!
Modilaut

venerdì 5 febbraio 2010

Giustizia sovraccarica: di chi è la responsabilita?

Roma, Venerdì 29.01.2010: in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Giudiziario il Primo Presidente dell Corte Suprema di Cassazione dott. Vincenzo Carbone per la crisi della Giustizia ha individuato "... il problema principale ... nell'abuso del ricorso al processo, nella mancanza di filtri all'abnorme quantità di contenzioso (dieci volte superiore a quello del partner europei), nel numero eccessivo degli Avvocati(230.000, ovvero 26,4 per ogni Giudice, mentre in Francia il rapporto è 7,1, in Germania 6,9, in Inghlterra 3,2), nella mancanza di alternative (sinora) al ricorso al Giudice ...".
In pratica dunque l'Italia sarebbe un Paese con un elevatissima propensione alla lite giudiziale perché gli Avvocati sono troppi (anzi, più di troppi) rispetto allo standard europeo, debbono in qualche modo guadagnarsi di che vivere, campano sulla litigiosità dei propri Clienti e ne approfittano per condurli davanti al Giudice inflazionando il carico dei processi!
Ma è mai possibile che di fronte ad affermazioni così "gravi" (per non dire di più) a distanza di un a settimana nessun organo ufficiale abbia sentito il dovere di dovere di reagire in difesa della categoria degli Avvocati? Il Consiglio Nazionale Forense dov'è? Gli Avvocati dove sono? Nessuno ha nulla da ridire?
Non è forse che in Italia la selva intricatissima di norme (impossibili perfino da censire visto che sono anni che il tentativo fallisce clamorosamente) complica così tanto la vita ai Cittadini da costringerli a ricorrere agli Organi Giurisdizionali per domandare Giustizia? Non è forse che le insidie e le smagliature di una legislazione forsennata, caotica e parcellizzata espongono i Cittadini all'incertezza della condotta da adottare? Non è forse vero che i Cittadini si trovano spesso a dover subire le conseguenze giuridiche di un mondo in continua evoluzione in cui né il Legislatore né tantomeno la Giurisprudenza riescono più ad indicare un percorso sicuro?
In questo contesto, se c'è Qualcuno in grado di poter assicurare la giusta tutela ai diritti violati, Quello è proprio l'Avvocato la cui funzione viene addirittura svilita dalla lentezza della Giustizia: non "causa" della crisi della Giustizia dunque, ma semmai "vittima" dei Suoi mali, della incertezza del diritto e della mancanza di riferimenti precisi anche nella stessa Giurisprudenza. Auspicare una riduzione del numero degli Avvocati in un mondo così complicato ed insicuro significherebbe perciò creare le condizioni per impedire a tanti Cttadini l'accesso ai riti giudiziali, denegare loro Giustizia, corporativizzare la categoria e favorire discutibili soluzioni alternative di autodifesa.
L'Organo di Governo dell'Avvocatura non può far finta di niente, accettando passivamente le considerazioni fuorvianti dei Massimi Esponenti della Magistratura!
Modilaut

giovedì 28 gennaio 2010

Inaugurazione dell'Anno Giudiziario 2010

In vista della inaugurazione dell'Anno Giudiziario 2010, che Sabato 30 gennaio si svolgerà in tutte le sedi delle Corti d'Appello, l'Associazione Nazionale Magistrati ha anticipato che, per protestare contro le misure e l'atteggiamento del Governo italiano, i Magistrati parteciperanno tenendo in mano la Costituzione, usciranno dall'Aula durante l'intervento del rappresentante del Governo e vi rientreranno al termine per leggere un documento unitario di viva protesta per dire "basta", fra l'altro, ad un uso strumentale del diritto.
Anche i rappresentanti degli Ordini degli Avvocati e gli Avvocati presenti dovrebbero partecipare all'evento, coprendosi però il volto con un fazzoletto bianco per protestare non contro il Governo, ma contro la salomonica lentezza della Giustizia e contro l'abuso dell'art. 366-bis c.p.c. (inammissibilità del ricorso in Cassazione per questioni riguardanti la enigmatica formulazione del quesito di diritto) che, pur essendo stato abrogato dal Giugno 2009, continua ad essere utilizzato capziosamente ed irragionevolmente dalla Corte di Cassazione per sfoltire l'arretrato dei processi; sono entrambi due aspetti che stanno facendo ingiustamente "perdere la faccia" agli Avvocati, svilendone il ruolo e la dignità e danneggiando gravemente il decoro di una nobile professione volta ad assicurare l'attuazione del diritto di difesa e del diritto alla Giustizia garantiti proprio da quella stessa Costituzione che i Magistrati in agitazione terranno stretta in mano per sollecitarne il rispetto da parte del Governo!
Ognuno evidentemente ha i suoi punti di vista!
Modilaut

domenica 24 gennaio 2010

Riforma dell'Avvocatura

Venerdì 22.01.2010 la Camera Penale di Macerata ha organizzato una conferenza dal titolo "l'Avvocato del futuro" riguardante il Progetto di Riforma dell'Ordinamento Professionale Forense attualmente in discussione nelle sedi parlamentari. Le eccellenti esposizioni dei due illustri Relatori (l'Avv. Ubaldo Perfetti del Foro di Macerata, nonché Vice-Presidente Vicario del Consiglio Nazionale Forense e Docente Universitario di Diritto Privato, e l'Avv. Beniamino Migliucci del Foro di Bolzano, Componente della Commissione istituita dal Consiglio Nazionale Forense per la riforma dell'Ordinamento Professionale Forense) hanno tracciato un quadro piuttosto significativo ed illuminante degli obiettivi della riforma, del contesto istituzionale in cui è stata avviata, delle difficoltà di pervenire ad una elaborazione condivisa e dei contenuti fnali essenziali su cui dovrà infine pronunciarsi il Legislatore.
Va anzitutto reso merito ai Colleghi che hanno partecipato ai difficili e complessi lavori con passione, dedizione e generosa disponibilità nell'interesse della categoria, impedendo così che se ne occupassero altri soggetti non Avvocati (certamente meno coinvolti, meno consapevoli e meno qualificati) ed evitando così la redazione di un compendio avulso dalla realtà professionale e privo di legami con l'esperienza quotidiana. Vanno anche riconosciute le innumerevli difficoltà e resistenze che Essi hanno incontrato e che hanno dovuto gestire in funzione di un risultato finale comunque necessario.
Tuttavia, senza alcuna pretesa di entrare, per ora, nel merito delle singole scelte ordinamentali, ma rimanendo su profili più propriamente di natura politico/professionale, non si può nascondere che la prima impressione derivante dall'approccio sommario alla riforma è di grande perplessità e di estrema preoccupazione:
1) in primo luogo, sembra andare in controtendenza rispetto ad una diffusa ed indispensabile esigenza attuale di seplificazione, liberalizzazione e deregolamentazione, dando la sensazione di una spiccata ed insidiosa burocratizzazione dell'apparato in cui si moltiplicano le occasioni per trovarsi, anche involontariamente, in situazioni di irregolarità, tanto più mortificanti quanto più avanzata è l'età dell'interessato;
2) in secondo luogo, l'Avvocato si ritrova svilito in un ruolo sottoposto a continue verifiche e valutazioni superiori, nonostante debba affrontare quotidianamente il confronto con i Colleghi, con gli organi investigativi, con i Giudici, con i risultati conseguiti, con i propri Clienti (sempre più informati) e con il mercato dei servizi professionali; l'impostazione della riforma sembra perciò tradire una sostanziale sfiducia preconcetta nelle capacà intellettuali e professionali dell'Avvocato;
3) in terzo luogo, appare enfatizzata l'importanza degli esami o delle prove da superare per poter vantare una specialità o per poter avere accesso alle Giurisdizioni superiori, nonostante la consapevolezza (ritratta dalle eseprienze di vita) che la vera qualità professionale non dipende tanto dalla "formazione" curriculare (punti accumulati o colloqui valutativi sostenuti), quanto piuttosto dalla "preparazione" e dalla "capacità" personali conquistate sul campo in giorni e giorni di faticosa dedizione allo studio ed alla pratica, dai "risultati" conseguiti nel lavoro e dall'"apprezzamento" via via riscosso dai Clienti;
4) in quarto luogo, per quanto riguarda l'accesso alle difese davanti alle Giurisdizioni superiori, si possono introdurre tutti gli ostacoli che si vogliono, ma non è certo il superamento di specifici esami che consentrà all'Avvocato di evitare l'arbitrio giurisprudenziale, ad esempio, nella assoluta discrezionalità consentita al Giudice dal nuovo scellerato art. 360-bis c.p.c. in materia di inammissibilità dei ricorsi davanti alla Corte Suprema di Cassazione (figlio dell'abrogazione del precedente e più scellerato art. 366-bis c.p.c. ancora impunemente utilizzato per sfoltire il contenzioso), denegando Giustizia e mettendo alla berlina eccellenti Professionisti e decenni di lodevole attività professionale forense (a questo proposito non risulta che si sia mai levata alcuna sommossa da parte dell'Avvocatura a tutela della dignità degli Avvocati!); in ogni caso, l'introduzione del paventato esame avrà l'effetto di creare una vera e propria lobbie di Avvocati cassazionisti con varie inevitabili ripercussioni assai discutibili
- sull'esigenza di interpellare le Giurisdizioni superiori (dal numero degli idonei dipenderà infatti la quantità dei potenziali ricorsi o controricorsi e dunque il numero dei soggetti potenzialmente assistibili, a meno che l'Avvocato non metta al lavoro altri professionisti non abilitati, limitandosi a dare istruzioni e ad apporre la prorpia firma sugli atti occorrenti),
- sulla necessità di assecondare la richiesta di Giustizia dei Cittadini (parte dei quali farà certamente fatica a trovare assistenza per i Giudizi di Cassazione ed un'altra parte forse non riuscirà nemmeno nell'intento),
- sul costo della relativa prestazione legale (secondo la legge della domanda e dell'offerta, si verrebbe infatti a determnare una situazione inevitabilmente inflattiva in cui l'Avvocato abilitato avrà buon gioco nel chiedere compensi sempre più elevati e selezionare così i Clienti anche in ragione della loro maggiore propoensione economica);
5) in quinto luogo, pur prendendo atto che le regole previste, ad esempio, per le specializzazioni hanno valenza meramente facoltativa, è ragionevole presumere che si verificheranno le seguenti conseguenze:
- si determineranno situazioni di grave disparità fra coloro che possono agevolmente (per condizini logistiche, economiche, organizzative od altro) partecipare ai relativi corsi e dunque fregiarsi del titolo e confidare su una clientela più selezionata ed appetibile in danno degli altri, indipendentemente da qualunque confronto sul piano professionale (tanto per esemplificare, un dirigente d'azienda che conosce un ottimo Avvocato, adatto a trattare una determinata materia ma privo del relativo titolo di specializzazione, preferirà un'altro Avvocato munito del titolo per evitare di doversi assumere in futuro qualche responsabilità aggiuntiva di fronte al management);
- le vere capacità professionali individuali maturate autonomamente, pur potendo costituire un motivo di orgoglio qualificante per l'Avvocatura, non saranno valorizzate ed anzi risulteranno svilite dalla mancanza del titolo;
- il regime attualmente previsto è stato introdotto come mera "facoltà" per forzare un po' il sistema e rendersi così discretamente accettabile, ma ben potrà in futuro trasformarsi in vero e proprio obbligo per esercitare la professione in un qualunque settore del diritto e perfino costituire uno strumento maldestro per la selezione o lo sfoltimento degli iscritti all'Albo.
L'obiettivo di garantire all'Avvocato "libertà, indipendenza ed autorevolezza" attraverso il mantenimento ed il miglioramento della Sua qualificazione professionale (sottolineato dall'illustre Relatore Avv. Beniamino Migliucci) è certamente da condividere, ma la riforma in itinere, così come concepita, forse riuscirà a perseguirlo più nella forma dell'impianto normatvo che nella sostanza dei fatti; il ché sollecita tutti gli Avvocati ad una profonda riflessione su come si troveranno ad esercitare la professione forense domani, ma soprattutto su come potrebbero (rectius, dovrebbero) reagire adeguatamente oggi per esserci ancora domani!
Modilaut

sabato 2 gennaio 2010

Rendite finanziarie tassate al 5% (?!?)

Dal Sole 24 ore di oggi 02.01.2010 (pag. 4): "... verrà applicata per la prima volta un'aliquota di favore al 5% e non più al 12,50% sugli interessi delle obbligazioni bancarie collocate presso gli investitori privati con l'obiettivo di raccogliere fondi a sostegno degli investimenti etici e delle imprese del Mezzogiorno ...".
Siamo alle solite, dunque: chi ha i soldi e li investe, può approfittare di tassazioni ridottissime (5%) sul reddito di capitale costituito dai relativi interessi attivi; chi invece i soldi se li guadagna col proprio lavoro (autonomo o dipendente), è costretto a subire sul relativo reddito una tassazione esagerata (la pressione fiscale media attuale è stimata intorno al 42,50%; se si aggiunge l'incidenza dei vari tributi indetraibili per legge ed infine i contributi previdenziali ed assistenziali quella percentuale sale ad oltre il 65%).
La nostra Costituzione stabilisce, all'art. 1, che "l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro" e, all'art. 35, che "la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni"; dipendente o autonomo, il Lavoro (e non la speculazione finanziaria) è un elemento essenziale e fondante della nostra Italia e perciò deve essere incoraggiato e valorizzato.
Di conseguenza, se deve essere individuata una categoria di redditi che merita di avere un trattamento fiscale privilegiato, essa non può che essere quella dei redditi di lavoro dipendente o autonomo (da estendere anche a quella parte del reddito d'impresa che, per le particolari caratteristiche organizzative, può essere ricondotto al lavoro del titolare). Il limite massimo di una tassazione accettabile per i redditi di lavoro è individuabile nel 20%; sarebbe un modo certamente efficace per ridare impulso all'intraprendenza delle tante Persone operose di questo Paese e creare occasioni di occupazione anche per i giovani che potrebbero dare libero impulso alla loro creatività proponendosi sul mercato anche con nuove attività ed abbandonando il miraggio del posto fisso.
Modilaut