lunedì 29 aprile 2013

I conti della Politica nel Comune di Macerata

Leggendo il rendiconto della gestione ed il quadro generale di verifica del bilancio del Comune di Macerata del 2012, sorgono spontanee alcune riflessioni. 
Dai citati documenti si evince che le entrate tributarie del comune (tra le quali ICI/IMU circa € 9.000.000, addizionale IRPEF circa € 4.000.000, rifiuti circa € 7.000.000), nonostante siano cifre spaventose (provate a dividere per 43.000 e capire a quanto ammontano per abitante), rappresentano solo il 50% del totale mentre i trasferimenti (dallo Stato, etc.) rappresentano circa il 10%, rapporto cinque a uno. 
Tutti sappiamo che questo pesantissimo rapporto potrà solo peggiorare aggravando ancora il peso nelle tasche dei cittadini, peso che potrà essere sostenibile solo tramite una oculata gestione delle uscite ed il conseguente contenimento del prelievo fiscale. 
Le uscite correnti (in totale oltre € 40.000.000), tra le quali spiccano il personale € 12.000.000), i rifiuti € 7.000.00), le utenze (€ 2.600.000), i servizi “vari” € 5.000.000), gli interessi € 1.500.000), i trasferimenti € 5.000.000), sono circa l’80% del totale ed è facile capire che rimborsati i prestiti e fatti gli accantonamenti di legge ben poco rimane per investire nelle strutture a favore della cittadinanza (palestre, piscine, parcheggi, strade, etc.). 
Chi gestisce e gestirà dovrà tener conto dei vincoli futuri derivanti dal presente, ma soprattutto dovrà una volta per tutte dire alla cittadinanza come stanno veramente le cose senza promettere sapendo di non poter mantenere. 
Due parole sui residui, questi sconosciuti. Tecnicamente “l residui derivano dalla formazione del bilancio secondo il principio della competenza finanziaria per cui al 31 dicembre alcune entrate accertate non sono state riscosse (€ 35.000.000) ed alcune spese impegnate non sono state (€ 42.000.000)”. 
 Riassumendo, dobbiamo pagare circa € 7.000.000 di più di quello che dobbiamo incassare (ammesso che incasseremo il 100%) e, considerando il saldo di cassa, possiamo dire che non ci siano poi molti soldi (eufemismo). 
Per concludere, il minimo che un cittadino possa oggi pretendere, è essere cosciente e partecipativo sull’uso dei suoi soldi che mai come ora soffre nel guadagnare, ma soprattutto che possa in cuor suo dire che questi soldi sono spesi al meglio e che non gli siano chiesti ulteriori sacrifici per carenza di avvedutezza. 

Dott. Mario Pinciaroli 
Responsabile Amministrazione e Finanza 
Movimento difesa Lavoratori Autonomi

sabato 6 aprile 2013

Debiti della P.A.: braccino corto e mano lunga!



Finalmente sbloccati, almeno in parte, i pagamenti della Pubblica Amministrazione a favore delle piccole e medie imprese: saranno pagati (forse) 40 miliardi di euro sugli oltre 90 miliardi nei prossimi dodici mesi. Meglio di niente, ma comunque una vergogna:
  • in primo luogo, un apparato pubblico che accumula debiti verso il settore privato per oltre 90 miliardi di euro trascurando gli incredibili danni economici che ne conseguono, specie nei momenti di crisi, è quanto di più ignobile si possa pensare; approfitta infatti sconsideratamente del bisogno di lavoro delle imprese e dei relativi dipendenti e specula su una forma indiretta di finanziamento a costo zero alle loro spalle;
  • in secondo luogo, mettere in campo meno della metà del fabbisogno non risolverà il problema della grave sofferenza finanziaria di cui versa il sistema produttivo interno; è solo un po’ d’ossigeno in un momento asfittico, ma bisognerà verificare quanto sarà complicato svincolare i crediti e quali saranno i tempi di attesa … e dai burocrati non c’è da attendersi molto;
  • in terzo luogo, bisogna considerare il blocco dei pagamenti per pendenze tributarie introdotto nel 2006 dalla coppia Visco-Bersani (art. 2 c. 9 del D.L. 262/2006) che impedisce ai debitori d’imposta di riscuotere i propri crediti dalla Pubblica Amministrazione; in questi tempi sono molte le piccole e medie imprese costrette a diventare morose proprio a causa della mancanza di liquidità (magari determinata anche, se non soprattutto, dalla mancata riscossione proprio quei crediti!);
  • in quarto luogo, l’aver subordinato i pagamenti al rispetto dei vincoli di bilancio per non sconfinare nel deficit eccessivo offre un pretesto facile per sospendere o ritardare l’impegno nei pagamenti; per quanto lo Stato confidi sulle entrate derivanti da una pressione fiscale espropriativa (ormai salita addirittura al 52%!), la grave recessione in atto, il peso degli oneri sociali, la flessione del gettito per effetto della diminuzione del numero dei contribuenti che riescono a produrre reddito e della riduzione dell’ammontare dei redditi producibili, il rovinoso declino dei consumi interni ed il rallentamento della circolazione del danaro rendono assai probabile lo sconfinamento.
Che fare allora? Come fronteggiare questa evenienza? Dove reperire le risorse necessarie? Secondo le anticipazioni del Ministro Antonio Grilli (cfr. D. Pesole, “La clausola di salvaguardia concordata con Bruxelles”, in Il Sole 24 ore del 07.04.2013, pag. 2) si dovrebbe confidare in <<… contestuali tagli alla spesa corrente oppure attraverso l’incremento della pressione fiscale …>> (ancora? non ha già raggiunto il 52%?).
Il braccino corto dello Stato troverà però un formidabile aiuto nell’incontrollabile esercizio dei poteri accertativi soprattutto presuntivi del Fisco (studi di settore, spesometro, redditometro e indagini finanziarie). Grazie anche alle informazioni che saranno accumulate nelle smisurate banche dati disponibili, potrà aggredire le ingenti ricchezze nascoste dei contribuenti italiani che (pare) abbiano l’abitudine di piangere miseria e ostentare agiatezza; su questo pretesto, alimentato dalla propaganda di un livello di sommerso che, nonostante la crisi, pare sia sempre lo stesso da anni (€ 275 miliardi: tale era nel 2006/2007 e tale è rimasto ancora oggi nonostante la gravissima recessione in atto, il forte rallentamento della circolazione del danaro e la riduzione del p.i.l. - ???), si sta preparando un generalizzato esproprio di Stato in danno di tutti i Cittadini (soprattutto dei “finti ricchi”); convinti in assoluta buona fede della lealtà ed imparzialità del sistema tributario e perciò consenzienti verso certe misure intrusivo-repressive pericolosissime, anche i benpensanti dovranno sperimentare cosa significhi difendersi dalla prepotenza accertativa degli Uffici finanziari e ne rimarranno sconcertati.
Con ciò non si intende criminalizzare a tutti i costi importanti strumenti investigativi utili anche per contrastare fenomeni di criminalità organizzata, ma è certo comunque che non possono essere lasciati alla più libera discrezionalità dell’Amministrazione finanziaria che ha interessi economici diretti e specifici (raggiungimento del budget annuo minimo assegnato e trattamenti economici incentivanti per il personale qualificato); in un sistema così impostato, per evitare che l’applicazione degli strumenti accertativi di carattere presuntivo (studi di settore, spesometro, redditometro e indagini finanziarie) si presti ad altrimenti inevitabili abusi procedimentali (sollecitati dai vertici statali per ragioni di gettito!), è dunque indispensabile introdurre presupposti giuridici ben precisi e delimitati, devolverne l’autorizzazione ad una Autorità terza ed imparziale (art. 111 Cost.), garantire davanti ad Essa il diritto di difesa e di contraddittorio (art. 24 e 111 Cost.), eliminare il budget annuo e i trattamenti incentivanti che influenzano l’imparzialità degli operatori del Fisco ed il buon andamento della loro azione (art. 97 Cost.), responsabilizzarne l'operato e costituzionalizzare i principi contenuti nello Statuto dei Diritti del Contribuente (L. 212/2000).
Diversamente possiamo sin d’ora rassegnarci con un definitivo “poveri noi!”.
Modilaut