Una mole
incredibile di dati personali è già confluita nella banca dati dell’Anagrafe
Tributaria e molti altri dati arriveranno a breve quando sarà stato definito il
software per la trasmissione di tutti
i rapporti e di tutte le operazioni di natura finanziaria: ciascun Contribuente
sarà spiato in ogni aspetto della sua vita lavorativa, familiare, ricreativa, …
per stimare quanto dovrebbe guadagnare all’anno per poter fare ciò che al Fisco
risulta aver fatto; se qualcosa non quadra, dovrà andare a giustificarsi
davanti a qualcuno interessato soltanto a raggiungere il budget annuale assegnato al suo ufficio e a maturare gli incentivi
economici legati ai maggiori tributi recuperati.
L’economia sta
andando a rotoli, il danaro circola sempre meno, gli insoluti non si contano
più, la produzione cala inarrestabilmente, i disoccupati aumentano giorno per
giorno, i più fortunati tirano avanti perché utilizzano i risparmi accumulati
nel tempo, i meno fortunati non arrivano neppure alla metà del mese e non sanno
dove sbattere la testa e lo Stato che fa? Si inventa il “redditest”, liberamente fruibile da tutti i Contribuenti per
verificare se risultano virtuosi o se debbono considerarsi evasori. … Proprio adesso
che il Paese sta andando a picco!?!
Per carità,
tranquillizza il Direttore dell’Agenzia delle Entrate (che con quello che
guadagna certamente non ha problemi col “redditest”,
come del resto tutto quel popolo fortunato dei vari parlamentari, amministratori,
dirigenti, superpensionati, …): l’eventuale situazione di anomalia non vuol
dire che fa scattare automaticamente l’accertamento tributario! Certo, quando sarà vittima dello “spesometro” o del nuovo “redditometro” il
Contribuente verrà prima chiamato dal
Fisco per giustificare come mai si è verificata quella incresciosa situazione e
troverà certamente qualcuno che comprenderà …, ma non potrà fare nulla perché
mancherà il pezzo di carta adatto o perché la direttiva interna dell’Ufficio
non lo consentirà o perché la circolare lo vieterà. Alla fine del teatrino si
troverà nella cassetta della posta un bell’accertamento tributario con tanto di
sanzioni (il minimo è sempre pari al 100% dei tributi richiesti!) con un bel
po’ di soldi da pagare all’Erario e con un sacco di istruzioni su come tentare di
farsi ridurre la pretesa con gli appositi strumenti deflattivi del contenzioso
(tentativo di adesione o mediazione obbligatoria). Meno male, così forse ci
sarà qualcuno più disponibile che magari annulla tutto! Ricomincerà un altro
teatrino simile a quello precedente dove però il povero Contribuente si troverà
nella condizione di dover scegliere se accettare la proposta dell’Ufficio (che pure
riterrà ingiusta, ma almeno ridurrà ad un terzo l’importo delle sanzioni ed eviterà
di dover affrontare un Giudizio comunque oneroso) oppure se impugnare
l’accertamento davanti al Giudice accettandone tutti i rischi, pagandosi il
difensore chissà per quanti gradi di Giudizio e intanto versando, prima di
cominciare, un terzo dei maggiori tributi richiesti che poi, se avrà ragione,
gli sarà restituito. Un bel compromesso con la coscienza che vorrebbe
ribellarsi, ma che alla fine, se la pretesa non sarà esagerata, cederà al
ricatto con l’amaro in bocca e con tanta rassegnata delusione.
Tutto questo accadrà
nella assoluta legalità, perché è la legge dello Stato ad aver creato un
sistema adatto per poter esercitare legittimamente un vero e proprio potere
estorsivo in nome della lotta all’evasione, enfatizzata dalla propaganda di un
sommerso che non sente crisi (275 miliardi di euro dicono oggi, ma erano
altrettanti anche nel 2006, quando il duo Visco-Bersani hanno iniziato la
caccia ai Lavoratori Autonomi! Com’è possibile?). Se non ci fosse la legge, forse,
ci sarebbe l’art. 629 c.p. secondo il quale “chiunque, mediante … minaccia, costringendo taluno a fare … qualche cosa, procura a sé o ad altri un
ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione …”.
Modilaut
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