Sono ormai piuttosto numerosi i patti sottoscritti dal Fisco con i vari Ordini e Collegi Professionali per gestire le controversie tributarie nella fase della cd. “mediazione”
preventiva obbligatoria davanti allo Stesso Ufficio finanziario
introdotta dall’art. 39 c. 9 del D.L. 98/2011 convertito nella L.
111/2011 (in internet basta cercare con “agenzia entrate protocollo mediazione” per averne una panoramica completa): essi si sostanziano in reciproci impegni di collaborazione per <<… assicurare un celere e proficuo svolgimento del procedimento di mediazione …>> che lasciano a dir poco sbigottiti:
- da un lato, gli organi rappresentativi dei Professionisti dovrebbero <<… organizzare apposite iniziative divulgative per informare i propri iscritti sulle opportunità offerte dal nuovo istituto della mediazione …[e]... sensibilizzare i propri iscritti a: 1) evidenziare il carattere preventivo e obbligatorio dell’istituto; … 3) partecipare in modo collaborativo al contraddittorio con l’Ufficio al fine di pervenire ad una definizione del procedimento in linea con i principi della giusta imposizione, del giusto procedimento e di quelli sanciti dallo Statuto del Contribuente>>;
- dall’altro, il Fisco dovrebbe <<… 1) esaminare sistematicamente tutte le istanze in modo approfondito e con spirito di collaborazione; … 3) accogliere le istanze in tutti i casi in cui ne sussistano i presupposti …; 6) promuovere … l’eventuale contraddittorio partecipandovi in modo collaborativo al fine di al fine di pervenire ad una definizione del procedimento in linea con i principi della giusta imposizione, del giusto procedimento e di quelli sanciti dallo Statuto del Contribuent; … 10) nell’ipotesi di esito negativo … redigere una motivazione completa e dettagliata quanto ai motivi del diniego>>.
Ci
vuole un accordo scritto per fare ciò che rientra nelle prerogative e
nelle responsabilità di ogni Professionista quando assiste e difende i
propri Clienti e nei doveri della Pubblica Amministrazione quando si
relaziona con i Cittadini? Chi stabilisce che il patto è stato violato?
Quali sono i parametri valutativi? Che succede quando il patto viene
violato? Non è dato sapere!
Il
protocollo in questione ha il sapore di una ennesima beffa sia per i
Contribuenti che per i Professionisti che debbono assisterli e
difenderli:
a) la mediazione obbligatoria non può essere il terreno dove il Professionista scende a compromessi con la Sua coscienza
per aderire alle proposte del Fisco liberamente formulate nell’ambito
di un contraddittorio davanti ad un organismo che non garantisce nessuna
terzietà (è formato da operatori dello stesso Ufficio finanziario
procedente), nessun disinteresse (gli operatori beneficiano di
trattamenti economici incentivanti) e nessuna imparzialità (l’interesse
degli operatori è solo quello di assicurare rapidamente il maggior
gettito per l’Erario);
b) i contenuti del protocollo contengono ovvietà disarmanti che in un qualunque Stato di diritto non richiederebbero la sottoscrizione di nessun patto col Fisco perché
- il Professionista che difende il Contribuente è obbligato per legge ad esperire il procedimento di reclamo/mediazione a pena di inammissibilità dell’impugnazione, non può ignorare la nuova procedura in quanto abituato ad aggiornarsi quotidianamente ed è responsabile anche patrimonialmente dei propri eventuali errori,
- l’Ufficio finanziario ha il dovere giuridico di esaminare rapidamente le sollecitazioni che provengono dai Contribuenti, comprenderne le ragioni di doglianza, sospendere nelle more l’esecuzione degli atti reclamati, annullare quelli viziati o ridimensionare le pretese esagerate, così come imposto dai principi costituzionali del buon andamento, dell’imparzialità e della capacità contributiva, senza bisogno di sottoscrivere patti di alcun genere;
c)
non esiste alcuna parità di ruoli nel contraddittorio della mediazione e
nell’esercizio delle prerogative spettanti alle Parti contrapposte,
perché l’ultima parola (quella decisiva) spetta sempre e solo
all’Ufficio finanziario il quale sa bene che, a conti fatti, al
Contribuente conviene pagare il “pizzo legale” (anche ingiusto)
piuttosto che anticipare i costi del processo (mai completamente
ristorati dalla eventuale condanna alle spese da parte del Giudice e
comunque normalmente riguardanti almeno due gradi di Giudizio) ed
assoggettarsi alla riscossione provvisoria in corso di causa (con gli
attuali accertamenti immediatamente esecutivi infatti il Fisco riscuote
intanto un terzo dei maggiori tributi accertati secondo il principio del
solve et repete).
Nel delineato contesto enfatizzare le <<… opportunità offerte dal nuovo istituto della mediazione …>> e la partecipazione del Professionista <<… in modo collaborativo …>>
significa solo tentare di indurlo ad assecondare le proposte mediative
degli Uffici finanziari per evitare di rivolgersi al Giudice
nell’interesse dei propri Clienti anche quando sanno di aver ragione o
di poter sperare in una maggiore riduzione della pretesa. Di
conseguenza, la mediazione obbligatoria costituisce soltanto un
ulteriore pretesto per costringere i Contribuenti ed i loro
Professionisti a valutare l’opportunità di pagare per chiudere in fretta
piuttosto che affidarsi ai tempi ed alle incertezze della Giustizia
tributaria: l’ennesimo sopruso a danno delle tasche dei
Contribuenti e della reputazione dei Professionisti che debbono
assisterli e difenderli (cfr. “http://www.soslavoratoriautonomi.blogspot.it/2011/07/mediazione-obbligatoria-anche-per-le.html” e "http://www.chicago-blog.it/2012/06/04/giudizio-tributario-qualche-proposta-utile/")
perpetrato con l’obbligo di anticipare pre-giudizialmente le strategie
difensive e di sottomettersi alle offerte più o meno allettanti
dell’Ufficio finanziario per evitare di pretendere Giustizia e per
consentire al Fisco di acquisire la certezza statistica della
propensione all’evasione degli italiani (ogni mediazione conclusa
positivamente è un successo del Fisco e una corrispondente ammissione di
infedeltà del Contribuente)!
Modilaut
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